La produzione dell’olio

In epoca romana l’olivicoltura ebbe un ruolo fondamentale e fu praticata con tecniche di coltivazione intensiva. Sin dall’inizio l’olio, destinato non solo al consumo alimentare,venne utilizzato per produrre balsami profumati e unguenti per massaggi e come medicamento. I Romani ne consumavano grandi quantità per l’igiene del corpo, in cucina e per le pratiche cultuali. L’olio più pesante, inoltre, era destinato all’illuminazione. Esso veniva anche distribuito ai soldati, i quali nella stagione invernale se ne servivano per ungere il corpo e ripararsi dal freddo.

L’olivo era venerato come pianta sacra. Durante la tarda Repubblica e l’Impero, con l’espansione di Roma, la coltivazione dell’olivo si sviluppò nei territori conquistati di tutto il Mediterraneo. L’olio era considerato talmente prezioso da avvalersene anche per il pagamento dei tributi. Diventò, così, fondamentale perno dell’economia romana e, di conseguenza, nacquero negotiatores olearii (venditori specializzati), che contrattavano il prezzo dell’olio nell’arca olearia, il luogo deputato alle compravendite.

Le olive venivano frante con il trapetum o con la mola olearia. Quest’ultima permetteva di non schiacciare i noccioli, evitando di recare danno all’olio. La pasta di olive era quindi posta in un recipiente filtrante, il fisculus, e spremuta con il torcular, il torchio. Il prodotto ottenuto veniva infine versato in contenitori, dai quali, per affioramento, si eliminava la morchia, cioè il residuo dell’olio d’oliva. La morchia bruciata era usata come concime.

I Romani classificarono l’olio in cinque tipi in base alla qualità: l’oleum ex albis ulivis, ottenuto dalle olive verdi, era quello più pregiato e costoso; loleum viride,  ricavato dalle olive che stavano annerendo, era anch’esso di alta qualità; l’oleum maturum,  prodotto con olive mature, era di qualità inferiore; l’oleum caducum,  ottenuto da olive raccolte per terra, era invece di qualità mediocre; l’oleum cibarium,  spremuto da olive aggredite dai parassiti, era riservato agli schiavi o ad impieghi non alimentari.

Infine si rileva che presso i Romani l’olio non poteva essere conservato per molto tempo. Poiché nonvenivano usati trattamenti per la conservazione, il prodotto inacidiva molto velocemente. L’unico rimedio era ricorrere alla salagione. Si preferiva, comunque, conservare le olive per spremerle al momento del bisogno.

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Ricostruzione delle varie fasi del “ciclo dell’olio”