I mosaici

Particolare con testa di satiro del mosaico pavimentale dalla villa romana di Genazzano, via Empolitana (Roma, Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo alle Terme)

L’opus musivum, da cui deriva la parola “mosaico”, era l’opera ispirata dalle Muse. Essa deve forse il suo nome all’uso originario che se ne faceva per decorare le fontane, in ricordo della fonte Ippocrene intorno alla quale le Muse si riunivano per danzare e cantare. Anche i cubicula (stanze da letto), come altri ambienti residenziali e di rappresentanza, avevano pavimentazioni in mosaico che, insieme agli affreschi parietali, contribuivano a renderli veri e propri ambienti di lusso. I soggetti rappresentati variavano a seconda del tipo di stanza e andavano dai semplici disegni geometrici, arabeschi o elementi vegetali stilizzati, a figurazioni più elaborate.

I mosaici nelle abitazioni dei Romani più facoltosi potevano essere in bianco e nero o policromi con inserti di materiali diversi e anche preziosi: conchiglie, pietre calcaree, marmi, paste vitree. Per le composizioni più articolate le tesserae (i piccoli frammenti regolari che componevano la figurazione) venivano combinate seguendo un complesso lavoro di preparazione e realizzazione del disegno che impreziosiva ulteriormente l’ornato.

Dopo un’accurata levigazione del pavimento, le tessere venivano posizionate su un bagno di cemento costituito da vari strati di calce, cocciopesto e polvere di marmo compresso. Così, creata la base e coperta con un ultimo strato di malta, si disegnava la figura o il motivo da rappresentare e, seguendo le linee o i contorni, si posizionavano i minuscoli tasselli sulla base di “cartoni” predefiniti scelti dal committente. Per coprire una superficie di un solo metro quadrato, poteva servire anche più di un milione di tessere.

Le rappresentazioni più realistiche e raffinate si ottenevano con tessere piccolissime tagliate nei marmi più diversi e arricchite con paste vitree colorate (opus vermiculatum). Generalmente queste opere molto accurate riguardavano superfici limitate, una sorta di quadretto (emblema) all’interno di una pavimentazione più estesa e dai motivi ornamentali meno elaborati.

È interessante notare come alcune parti della stanza fossero prive di mosaici e presentassero raffigurazioni più semplici e meno accurate: in queste zone, probabilmente, era posizionata la mobilia, che sappiamo molto limitata, anche se di pregiata fattura.

Mosaico pavimentale a riquadri con le Stagioni da Roma, località via Appia Nuova(?) IV-V sec. d.C. (Roma, Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo alle Terme)

 

Sitografia