Il ninfeo

Il termine “ninfeo”, derivante dal greco antico nymphaion (vυμφαιοv) e dal latino tardo “nymphāeu”, significa letteralmente “tempio delle Ninfe”. Il ninfeo era, infatti, dedicato a quelle divinità benigne minori, rappresentate da giovani fanciulle, che, secondo la mitologia greca e romana, albergavano nei luoghi acquatici come sorgenti, fiumi e laghi.

Nell’architettura pubblica e privata i ninfei, perduto l’originario carattere cultuale e diventati ambienti per una piacevole sosta o meri elementi decorativi, erano fontane monumentali, a struttura absidata, con coperture a volta, dotate di approvvigionamento idrico, che ricordavano, nella forma, le grotte sacre alle Ninfe. Preceduti talvolta da un ampio portico colonnato, potevano essere abbelliti da ricche decorazioni in mosaico, stucchi e pitture e dotati di nicchie in cui venivano collocate statuette di divinità. Soprattutto con il diffondersi, in età imperiale, della corrente filosofica epicurea divennero luoghi ove, immersi nella tranquillità della natura e circondati dal mormorio dell’acqua, era possibile esercitare l’otium litteratum, ovvero dedicarsi allo studio e all’attività letteraria lontani dalle occupazioni mondane.

I ninfei ebbero rinnovata fama nel Rinascimento quando vennero costruiti nelle ville degli amanti delle humanae litterae ambienti scenografici, lussuosi e fantasiosi, che perseguivano le stesse finalità dei nymphaea antichi.